Formazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA

FORMAZIONE

il FIGLIO dell'UOMO

ONLUS - ASSOCIAZIONE CATTOLICA

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2009 dal 5 al 12 Aprile

8a SETTIMANA MONDIALE della Diffusione in Rete Internet nel MONDO de

" i Quattro VANGELI " della CHIESA CATTOLICA , Matteo, Marco, Luca, Giovanni, testi a lettura affiancata scarica i file cliccando sopra Italiano-Latino Italiano-Inglese Italiano-Spagnolo

L'ARGOMENTO DI OGGI

Aderite all"

ORDINE LAICO dei " CAVALIERI del FIGLIO dell'UOMO" per VIVERE il VANGELO, Diventate CAVALIERI del FIGLIO dell'UOMO vivendo la Vostra VITA in FAMIGLIA e sul LAVORO secondo VIA, VERITA' VITA

dai GIORNALI di OGGI

THE FIRST DAY OF

ERA OBAMA:

DISCORSO

2009-01-20

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

                                         

 

 

L'ARGOMENTO DI OGGI

 

Dal Sito Internet del Corriere della Sera

http://www.corriere.it/Speciali/Esteri/2009/Discorso_Obama/

 

Concittadini, oggi sono qui di fronte a voi con umiltà di fronte all'incarico, grato per la fiducia che avete accordato, memore dei sacrifici sostenuti dai nostri antenati. Ringrazio il presidente Bush per il suo servizio alla nostra nazione, come anche per la generosità e la cooperazione che ha dimostrato durante questa transizione.

Sono quarantaquattro gli americani che hanno giurato come presidenti. Le parole sono state pronunciate nel corso di maree montanti di prosperità e in acque tranquille di pace. Ancora, il giuramento è stato pronunciato sotto un cielo denso di nuvole e tempeste furiose. In questi momenti, l'America va avanti non semplicemente per il livello o per la visione di coloro che ricoprono l'alto ufficio, ma perché noi, il popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati, e alla verità dei nostri documenti fondanti. Così è stato. Così deve essere con questa generazione di americani.

Che siamo nel mezzo della crisi ora è ben compreso. La nostra nazione è in guerra, contro una rete di vasta portata di violenza e odio. La nostra economia è duramente indebolita, in conseguenza dell'avidità e dell'irresponsabilità di alcuni, ma anche del nostro fallimento collettivo nel compiere scelte dure e preparare la nazione a una nuova era. Case sono andate perdute; posti di lavoro tagliati, attività chiuse. La nostra sanità è troppo costosa, le nostre scuole trascurano troppi; e ogni giorno aggiunge un'ulteriore prova del fatto che i modi in cui usiamo l'energia rafforzano i nostri avversari e minacciano il nostro pianeta.

Questi sono indicatori di crisi, soggetto di dati e di statistiche. Meno misurabile ma non meno profondo è l'inaridire della fiducia nella nostra terra: la fastidiosa paura che il declino dell'America sia inevitabile, e che la prossima generazione debba ridurre le proprie mire. Oggi vi dico che le sfide che affrontiamo sono reali. Sono serie e sono molte. Non saranno vinte facilmente o in un breve lasso di tempo. Ma sappi questo, America: saranno vinte. In questo giorno, ci riuniamo perché abbiamo scelto la speranza sulla paura, l'unità degli scopi sul conflitto e la discordia. In questo giorno, veniamo per proclamare la fine delle futili lagnanze e delle false promesse, delle recriminazioni e dei dogmi logori, che per troppo a lungo hanno strangolato la nostra politica.

Rimaniamo una nazione giovane, ma, nelle parole della Scrittura, il tempo è venuto di mettere da parte le cose infantili. Il tempo è venuto di riaffermare il nostro spirito durevole; di scegliere la nostra storia migliore; di riportare a nuovo quel prezioso regalo, quella nobile idea, passata di generazione in generazione: la promessa mandata del cielo che tutti sono uguali, tutti sono liberi, e tutti meritano una possibilità per conseguire pienamente la loro felicità.

Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, capiamo che la grandezza non va mai data per scontata. Bisogna guadagnarsela. Il nostro viaggio non è mai stato fatto di scorciatoie o di ribassi. Non è stato un sentiero per i deboli di cuore, per chi preferisce l’ozio al lavoro, o cerca solo i piaceri delle ricchezze e della celebrità. E’ stato invece il percorso di chi corre rischi, di chi agisce, di chi fabbrica: alcuni celebrato ma più spesso uomini e donne oscuri nelle loro fatiche, che ci hanno portato in cima a un percorso lungo e faticoso verso la prosperità e la libertà.

Per noi hanno messo in valigia le poche cose che possedevano e hanno traversato gli oceani alla ricerca di una nuova vita.

Per noi hanno faticato nelle fabbriche e hanno colonizzato il West; hanno tollerato il morso della frusta e arato il duroterreno.

Per noi hanno combattuto e sono morti in posti come Concord e Gettysburg, la Normandia e Khe Sahn.

Ancora e ancora questi uomini e queste donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato fino ad avere le mani in sangue, perché noi potessimo avere un futuro migliore. Vedevano l’America come più grande delle somme delle nostre ambizioni individuali, più grande di tutte le differenze di nascita o censo o partigianeria.

Questo è il viaggio che continuiamo oggi. Rimaniamo il paese più prosperoso e più potente della Terra. I nostri operai non sono meno produttivi di quando la crisi è cominciata. Le nostre menti non sono meno inventive, i nostri beni e servizi non meno necessari della settimana scorsa o del mese scorso o dell’anno scorso. Le nostre capacità rimangono intatte. Ma il nostro tempo di stare fermi, di proteggere interessi meschini e rimandare le decisioni sgradevoli, quel tempo di sicuro è passato. A partire da oggi, dobbiamo tirarci su, rimetterci in piedi e ricominciare il lavoro di rifare l’America.

Perché ovunque guardiamo, c’è lavoro da fare. Lo stato dell’economia richiede azioni coraggiose e rapide, e noi agiremo: non solo per creare nuovi lavori ma per gettare le fondamenta della crescita. Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche, le linee digitali per nutrire il nostro commercio e legarci assieme. Ridaremo alla scienza il posto che le spetta di diritto e piegheremo le meraviglie della tecnologia per migliorare le cure sanitarie e abbassarne i costi. Metteremo le briglie al sole e ai venti e alla terra per rifornire le nostre vetture e alimentare le nostre fabbriche. E trasformeremo le nostre scuole e i college e le università per soddisfare le esigenze di una nuova era. Tutto questo possiamo farlo. E tutto questo faremo.

Ci sono alcuni che mettono in dubbio l’ampiezza delle nostre ambizioni, che suggeriscono che il nostro sistema non può tollerare troppi piani grandiosi. Hanno la memoria corta. Perché hanno dimenticato quanto questo paese ha già fatto: quanto uomini e donne libere possono ottenere quando l’immaginazione si unisce a uno scopo comune, la necessità al coraggio.

Quello che i cinici non riescono a capire è che il terreno si è mosso sotto i loro piedi, che i diverbi politici stantii che ci hanno consumato tanto a lungo non hanno più corso. La domanda che ci poniamo oggi non è se il nostro governo sia troppo grande o troppo piccolo, ma se funziona: se aiuta le famiglie a trovare lavori con stipendi decenti, cure che possono permettersi, unapensione dignitosa. Quando la risposta è sì, intendiamo andareavanti. Quando la risposta è no, i programmi saranno interrotti. E quelli di noi che gestiscono i dollari pubblici saranno chiamati a renderne conto: a spendere saggiamente, a riformare le cattive abitudini, e fare il loro lavoro alla luce del solo, perché solo allora potremo restaurare la fiducia vitale fra un popolo e il suo governo.

Né la domanda è se il mercato sia una forza per il bene o per il male. Il suo potere di generare ricchezza e aumentare la libertànon conosce paragoni, ma questa crisi ci ha ricordato che senza occhi vigili, il mercato può andare fuori controllo, e che unpaese non può prosperare a lungo se favorisce solo i ricchi. Il successo della nostra economia non dipende solo dalle dimensioni del nostro prodotto interno lordo, ma dall’ampiezza della nostra prosperità, dalla nostra capacità di ampliare le opportunità a ogni cuore volonteroso, non per beneficenza ma perché è la via più sicura verso il bene comune.

Per quel che riguarda la nostra difesa comune, respingiamo come falsa la scelta tra la nostra sicurezza e i nostri ideali. I Padri Fondatori, di fronte a pericoli che facciamo fatica a immaginare, prepararono un Carta che garantisse il rispetto della legge e i diritti dell’uomo, una Carta ampliata con il sangue versato da generazioni. Quegli ideali illuminano ancora il mondoe non vi rinunceremo in nome del bisogno. E a tutte le persone e i governi che oggi ci guardano, dalle capitali più grandi al piccolo villaggio in cui nacque mio padre, dico: sappiate che l’America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che cerca un futuro di pace e dignità, e che siamo pronti di nuovo a fare da guida.

Ricordate che le generazioni passate sconfissero il fascismo e il comunismo non solo con i carri armati e i missili, ma con alleanze solide e convinzioni tenaci. Capirono che la nostra forza da sola non basta a proteggerci, né ci dà il diritto di fare come ci pare. Al contrario, seppero che il potere cresce quando se ne fa un uso prudente; che la nostra sicurezza promana dal fatto che la nostra causa giusta, dalla forza del nostro esempio, dalle qualità dell’umiltà e della moderazione.

Noi siamo i custodi di questa eredità. Guidati ancora una volta da questi principi, possiamo affrontare quelle nuove minacce cherichiedono sforzi ancora maggiori - e ancora maggior cooperazione e comprensione fra le nazioni. Inizieremo a lasciare responsabilmente l’Iraq al suo popolo, e a forgiare una pace pagata a caro prezzo in Afghanistan. Insieme ai vecchi amici e agli ex nemici, lavoreremo senza sosta per diminuire la minaccia nucleare, e allontanare lo spettro di un pianeta surriscaldato. Non chiederemo scusa per la nostra maniera di vivere, né esiteremo a difenderla, e a coloro che cercano di ottenere i loro scopi attraverso il terrore e il massacro di persone innocenti, diciamo che il nostro spirito è più forte e non potrà essere spezzato. Non riuscirete a sopravviverci, e vi sconfiggeremo.

Perché sappiamo che il nostro multiforme retaggio è una forza, non una debolezza: siamo un Paese di cristiani, musulmani, ebrei e indù - e di non credenti; scolpiti da ogni lingua e cultura, provenienti da ogni angolo della terra. E dal momento che abbiamo provato l’amaro calice della guerra civile e della segregazione razziale, per emergerne più forti e più uniti, non possiamo che credere che odii di lunga data un giorno scompariranno; che i confini delle tribù un giorno si dissolveranno; che mentre il mondo si va facendo più piccolo, la nostra comune umanità dovrà venire alla luce; e che l’America dovrà svolgere un suo ruolo nell’accogliere una nuova era di pace.

Al mondo islamico diciamo di voler cercare una nuova via di progresso, basato sull’interesse comune e sul reciproco rispetto. A quei dirigenti nel mondo che cercano di seminare la discordia, o di scaricare sull’Occidente la colpa dei mali delle loro società, diciamo: sappiate che il vostro popolo vi giudicherà in base a ciò che siete in grado di costruire, non di distruggere. A coloro che si aggrappano al potere grazie alla corruzione, all’inganno, alla repressione del dissenso, diciamo: sappiate che siete dalla parte sbagliata della Storia; ma che siamo disposti a tendere la mano se sarete disposti a sciogliere il pugno.

Ai popoli dei Paesi poveri, diciamo di volerci impegnare insieme a voi per far rendere le vostre fattorie e far scorrere acque pulita; per nutrire i corpi e le menti affamate. E a quei Paesi che come noi hanno la fortuna di godere di una relativa abbondanza, diciamo che non possiamo più permetterci di essere indifferenti verso la sofferenza fuori dai nostri confini; né possiamo consumare le risorse del pianeta senza pensare alle conseguenze. Perché il mondo è cambiato, e noi dobbiamo cambiare insieme al mondo.

Volgendo lo sguardo alla strada che si snoda davanti a noi, ricordiamo con umile gratitudine quei coraggiosi americani che in questo stesso momento pattugliano deserti e montagne lontane. Oggi hanno qualcosa da dirci, così come il sussurro che ci arriva lungo gli anni dagli eroi caduti che riposano ad Arlington: rendiamo loro onore non solo perché sono custodi della nostra libertà, ma perché rappresentano lo spirito di servizio, la volontà di trovare un significato in qualcosa che li trascende. Eppure in questo momento - un momento che segnerà una generazione - è precisamente questo spirito che deve animarci tutti.

Perché, per quanto il governo debba e possa fare, in definitiva sono la fede e la determinazione del popolo americano su cui questo Paese si appoggia. E’ la bontà di chi accoglie uno straniero quando le dighe si spezzano, l’altruismo degli operai che preferiscono lavorare meno che vedere un amico perdere il lavoro, a guidarci nelle nostre ore più scure. E’ il coraggio del pompiere che affronta una scala piena di fumo, ma anche la prontezza di un genitore a curare un bambino, che in ultima analisi decidono il nostro destino.

Le nostre sfide possono essere nuove, gli strumenti con cui le affrontiamo possono essere nuovi, ma i valori da cui dipende il nostro successo - il lavoro duro e l’onestà, il coraggio e il fair play, la tolleranza e la curiosità, la lealtà e il patriottismo - queste cose sono antiche. Queste cose sono vere. Sono state la quieta forza del progresso in tutta la nostra storia. Quello che serve è un ritorno a queste verità. Quello che ci è richiesto adesso è una nuova era di responsabilità - un riconoscimento, da parte di ogni americano, che abbiamo doveri verso noi stessi, verso la nazione e il mondo, doveri che non accettiamo a malincuore ma piuttosto afferriamo con gioia, saldi nella nozione che non c’è nulla di più soddisfacente per lo spirito, di più caratteristico della nostra anima, che dare tutto a un compito difficile.

Questo è il prezzo e la promessa della cittadinanza.

Questa è la fonte della nostra fiducia: la nozione che Dio ci chiama a forgiarci un destino incerto. Questo il significato della nostra libertà e del nostro credo: il motivo per cui uomini e donne e bambine di ogni razza e ogni fede possono unirsi in celebrazione attraverso questo splendido viale, e per cui un uomo il cui padre sessant’anni fa avrebbe potuto non essere servito al ristorante oggi può starvi davanti a pronunciare un giuramento sacro.

E allora segnamo questo giorno col ricordo di chi siamo e quanta strada abbiamo fatto. Nell’anno della nascita dell’America, nel più freddo dei mesi, un drappello di patrioti si affollava vicino a fuochi morenti sulle rive di un fiume gelato. La capitale era abbandonata. Il nemico avanzava, la neve era macchiata di sangue. E nel momento in cui la nostra rivoluzione più era in dubbio, il padre della nostra nazione ordinò che queste parole fossero lette al popolo: "Che si dica al mondo futuro... Che nel profondo dell’inverno, quando nulla tranne la speranza e il coraggio potevano sopravvivere... Che la città e il paese, allarmati di fronte a un comune pericolo, vennero avanti a incontrarlo".

America. Di fronte ai nostri comuni pericoli, in questo inverno delle nostre fatiche, ricordiamoci queste parole senza tempo. Con speranza e coraggio, affrontiamo una volta ancora le correnti gelide, e sopportiamo le tempeste che verranno. Che i figli dei nostri figli possano dire che quando fummo messi alla prova non ci tirammo indietro né inciampammo; e con gli occhi fissi sull’orizzonte e la grazia di Dio con noi, portammo avanti quel grande dono della libertà, e lo consegnammo intatto alle generazioni future.

20 gennaio 2009

dal SITO INTERNET del SOLE 24 ORE

La frase che più ti ha colpito

Scegli il passaggio più significativo del discorso di Obama

La nostra economia è fortemente indebolita a causa dell'avidità e dell'irresponsabilità di alcune persone, ma anche a causa della nostra incapacità collettiva di prendere decisioni difficili e preparare la nazione per una nuova era.

In questo giorno ci siamo riuniti qui perché abbiamo scelto la speranza contro la paura, l'unità d'intenti contro il conflitto e la discordia.

Noi restiamo una nazione giovane, ma, nelle parole delle Scritture, è venuto il tempo di mettere da parte le cose infantili.

Ma l'epoca in cui si rimane cocciutamente fermi sulle proprie posizioni, l'era della difesa di interessi ristretti, l'era del rinvio delle decisioni sgradevoli, quest'era sicuramente è passata. A partire da oggi ci dobbiamo rialzare, ci dobbiamo scuotere e dobbiamo ricominciare a ricostruire l'America.

Imbriglieremo il sole, i venti e il suolo per far muovere le nostre automobili e far lavorare le nostre officine.

La domanda che vi poniamo oggi non è se da noi ci sia troppo Stato o troppo poco Stato, ma se questo Stato funziona, se aiuta le famiglie a trovare un lavoro con un salario decente, ad avere cure che si possono permettere, una pensione dignitosa.

E quelli di noi che gestiscono il denaro pubblico saranno chiamati a rendere conto, a spendere con saggezza, a cambiare le cattive abitudini e a fare i nostri affari alla luce del giorno, perché solo così potremo ripristinare la vitale fiducia nel governo da parte della gente.

Non chiederemo scusa per il nostro modo di vivere, e non esiteremo a difenderlo, e a coloro che cercano di portare avanti i propri scopi creando terrore e massacrando gli innocenti noi diciamo loro che il nostro spirito è più forte e non può essere spezzato: resisteremo più a lungo di voi e vi sconfiggeremo.

Al mondo islamico dico che noi cerchiamo una strada nuova per progredire insieme, nel reciproco interesse e nel reciproco rispetto. A quei leader di tutto il mondo che cercano di seminare conflitti o di dare la colpa dei mali della loro società all'Occidente, diciamo: sappiate che la vostra gente vi giudicherà da quello che costruite, non da quello che distruggete.

Non possiamo consumare le risorse del mondo senza pensare agli effetti. Perché il mondo è cambiato e noi siamo cambiati con esso.

Con speranza e virtù, sfidiamo ancora una volta le correnti gelide e sopportiamo qualunque tempesta possa abbattersi su di noi.

 

 

 

 

 

Dal Sito Internet di Repubblica

http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/esteri/obama-insediamento/testo-discorso-italiano/testo-discorso-italiano.html

IL DISCORSO

 

Rimettiamoci al lavoro insieme

per ricostruire una grande America

di BARACK OBAMA

Rimettiamoci al lavoro insieme per ricostruire una grande America

OGGI mi trovo di fronte a voi, umile per il compito che ci aspetta, grato per la fiducia che mi avete accordato, cosciente dei sacrifici compiuti dai nostri avi. Ringrazio il presidente Bush per il servizio reso alla nostra nazione, e per la generosità e la cooperazione che ha mostrato durante questa transizione.

Quarantaquattro americani hanno pronunciato il giuramento presidenziale. Queste parole sono risuonate in tempi di alte maree di prosperità e di calme acque di pace. Ma spesso il giuramento è stato pronunciato nel mezzo di nubi tempestose e di uragani violenti. In quei momenti, l'America è andata avanti non solo grazie alla bravura o alla capacità visionaria di coloro che ricoprivano gli incarichi più alti, ma grazie al fatto che Noi, il Popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati e alle nostre carte fondamentali.

Così è stato finora. Così deve essere per questa generazione di americani.

E' ormai ben chiaro che ci troviamo nel mezzo di una crisi. La nostra nazione è in guerra contro una rete di violenza e di odio che arriva lontano. La nostra economia si è fortemente indebolita, conseguenza della grettezza e dell'irresponsabilità di alcuni, ma anche della nostra collettiva incapacità di compiere scelte difficili e preparare la nostra nazione per una nuova era. C'è chi ha perso la casa. Sono stati cancellati posti di lavoro. Imprese sono sparite. Il nostro servizio sanitario è troppo costoso. Le nostre scuole perdono troppi giovani. E ogni giorno porta nuove prove del fatto che il modo in cui usiamo le risorse energetiche rafforza i nostri avversari e minaccia il nostro pianeta.

Questi sono gli indicatori della crisi, soggetti ad analisi statistiche e dati. Meno misurabile ma non meno profonda invece è la perdita di fiducia che attraversa la nostra terra - un timore fastidioso che il declino americano sia inevitabile e la prossima generazione debba avere aspettative più basse.

Oggi vi dico che le sfide che abbiamo di fronte sono reali. Sono serie e sono numerose. Affrontarle non sarà cosa facile né rapida. Ma America, sappilo: le affronteremo.

Oggi siamo riuniti qui perché abbiamo scelto la speranza rispetto alla paura, l'unità degli intenti rispetto al conflitto e alla discordia.

Oggi siamo qui per proclamare la fine delle recriminazioni meschine e delle false promesse, dei dogmi stanchi, che troppo a lungo hanno strangolato la nostra politica.

Siamo ancora una nazione giovane, ma - come dicono le Scritture - è arrivato il momento di mettere da parte gli infantilismi. E' venuto il momento di riaffermare il nostro spirito tenace, di scegliere la nostra storia migliore, di portare avanti quel dono prezioso, l'idea nobile, passata di generazione in generazione: la promessa divina che tutti siamo uguali, tutti siamo liberi e tutti meritiamo una possibilità di perseguire la felicità in tutta la sua pienezza.

Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, ci rendiamo conto che la grandezza non è mai scontata. Bisogna guadagnarsela. Il nostro viaggio non è mai stato fatto di scorciatoie, non ci siamo mai accontentati. Non è mai stato un sentiero per incerti, per quelli che preferiscono il divertimento al lavoro, o che cercano solo i piaceri dei ricchi e la fama.

Sono stati invece coloro che hanno saputo osare, che hanno agito, coloro che hanno creato cose - alcuni celebrati, ma più spesso uomini e donne rimasti oscuri nel loro lavoro, che hanno portato avanti il lungo, accidentato cammino verso la prosperità e la libertà.

Per noi, hanno messo in valigia quel poco che possedevano e hanno attraversato gli oceani in cerca di una nuova vita.

Per noi, hanno faticato in aziende che li sfruttavano e si sono stabiliti nell'Ovest. Hanno sopportato la frusta e arato la terra dura.

Per noi, hanno combattuto e sono morti, in posti come Concord e Gettysburg; in Normandia e a Khe Sahn.

Questi uomini e donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato finché le loro mani sono diventate ruvide per permettere a noi di vivere una vita migliore. Hanno visto nell'America qualcosa di più grande che una somma delle nostre ambizioni individuali; più grande di tutte le differenze di nascita, censo o fazione.

Questo è il viaggio che continuiamo oggi. Rimaniamo la nazione più prospera, più potente della Terra. I nostri lavoratori non sono meno produttivi rispetto a quando è cominciata la crisi. Le nostre menti non sono meno inventive, i nostri beni e servizi non meno necessari di quanto lo fossero la settimana scorsa, o il mese scorso o l'anno scorso. Le nostre capacità rimangono inalterate. Ma è di certo passato il tempo dell'immobilismo, della protezione di interessi ristretti e del rinvio di decisioni spiacevoli. A partire da oggi, dobbiamo rialzarci, toglierci di dosso la polvere, e ricominciare il lavoro della ricostruzione dell'America.

Perché ovunque volgiamo lo sguardo, c'è lavoro da fare. Lo stato dell'economia richiede un'azione, forte e rapida, e noi agiremo - non solo per creare nuovi posti di lavoro, ma per gettare le nuova fondamenta della crescita.

Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche e le linee digitali che alimentano i nostri commerci e ci legano gli uni agli altri. Restituiremo alla scienza il suo giusto posto e maneggeremo le meraviglie della tecnologia in modo da risollevare la qualità dell'assistenza sanitaria e abbassarne i costi.

Imbriglieremo il sole e i venti e il suolo per alimentare le nostre auto e mandare avanti le nostre fabbriche.

E trasformeremo le nostre scuole, i college e le università per venire incontro alle esigenze dei tempi nuovi. Possiamo farcela. E lo faremo.

Ora, ci sono alcuni che contestano le dimensioni delle nostre ambizioni - pensando che il nostro sistema non può tollerare troppi grandi progetti. Costoro hanno corta memoria. Perché dimenticano quel che questo paese ha già fatto. Quel che uomini e donne possono ottenere quando l'immaginazione si unisce alla volontà comune, e la necessità al coraggio.

Quel che i cinici non riescono a capire è che il terreno gli è scivolato sotto i piedi. Gli argomenti politici stantii che ci hanno consumato tanto a lungo non sono più applicabili. La domanda che formuliamo oggi non è se il nostro governo sia troppo grande o troppo piccolo, ma se funzioni o meno - se aiuti le famiglie a trovare un lavoro decentemente pagato, cure accessibili, una pensione degna. Laddove la risposta sia positiva, noi intendiamo andare avanti. Dove sia negativa, metteremo fine a quelle politiche. E coloro che gestiscono i soldi della collettività saranno chiamati a risponderne, affinché spendano in modo saggio, riformino le cattive abitudini, e facciano i loro affari alla luce del sole - perché solo allora potremo restaurare la vitale fiducia tra il popolo e il suo governo.

La questione di fronte a noi non è se il mercato sia una forza del bene o del male. Il suo potere di generare benessere ed espandere la libertà è rimasto intatto. Ma la crisi ci ricorda che senza un occhio rigoroso, il mercato può andare fuori controllo e la nazione non può prosperare a lungo quando il mercato favorisce solo i già ricchi. Il successo della nostra economia è sempre dipeso non solo dalle dimensioni del nostro Pil, ma dall'ampiezza della nostra prosperità, dalla nostra capacità di estendere le opportunità per tutti coloro che abbiano volontà - non per fare beneficenza ma perché è la strada più sicura per il nostro bene comune.

Quanto alla nostra difesa comune, noi respingiamo come falsa la scelta tra sicurezza e ideali. I nostri Padri Fondatori, messi di fronte a pericoli che noi a mala pena riusciamo a immaginare, hanno stilato una carta che garantisca l'autorità della legge e i diritti dell'individuo, una carta che si è espansa con il sangue delle generazioni. Quegli ideali illuminano ancora il mondo, e noi non vi rinunceremo in nome di qualche espediente. E così, per tutti i popoli e i governi che ci guardano oggi, dalle più grandi capitali al piccolo villaggio dove è nato mio padre: sappiate che l'America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che sia alla ricerca di un futuro di pace e dignità, e che noi siamo pronti ad aprire la strada ancora una volta.

Ricordiamoci che le precedenti generazioni hanno sgominato il fascismo e il comunismo non solo con i missili e i carriarmati, ma con alleanze solide e convinzioni tenaci. Hanno capito che il nostro potere da solo non può proteggerci, né ci autorizza a fare come più ci aggrada. Al contrario, sapevano che il nostro potere cresce quanto più lo si usa con prudenza. La nostra sicurezza emana dalla giustezza della nostra causa, dalla forza del nostro esempio, dalle qualità dell'umiltà e del ritegno.

Noi siamo i custodi di questa eredità. Guidati ancora una volta dai principi, possiamo affrontare le nuove minacce che richiederanno sforzi ancora maggiori - una cooperazione e comprensione ancora maggiori tra le nazioni. Cominceremo a lasciare responsabilmente l'Iraq alla sua gente, e a forgiare una pace duramente guadagnata in Afghanistan. Con i vecchi amici e i vecchi nemici, lavoreremo senza sosta per diminuire la minaccia nucleare, e respingere lo spettro di un pianeta che si surriscalda. Non chiederemo scusa per il nostro stile di vita, né ci batteremo in sua difesa. E a coloro che cercano di raggiungere i propri obiettivi creando terrore e massacrando gli innocenti, noi diciamo adesso che il nostro spirito è più forte e non può essere infranto. Voi non ci sopravviverete, e noi vi sconfiggeremo.

Perché noi sappiamo che il nostro retaggio "a patchwork" è una forza e non una debolezza. Noi siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei e induisti e non credenti. Noi siamo formati da ciascun linguaggio e cultura disegnata in ogni angolo di questa Terra; e poiché abbiamo assaggiato l'amaro sapore della Guerra civile e della segregazione razziale e siamo emersi da quell'oscuro capitolo più forti e più uniti, noi non possiamo far altro che credere che i vecchi odi prima o poi passeranno, che le linee tribali saranno presto dissolte, che se il mondo si è rimpicciolito, la nostra comune umanità dovrà riscoprire se stessa; e che l'America deve giocare il suo ruolo nel far entrare il mondo in una nuova era di pace.

Per il mondo musulmano noi indichiamo una nuova strada, basata sul reciproco interesse e sul mutuo rispetto. A quei leader in giro per il mondo che cercano di fomentare conflitti o scaricano sull'Occidente i mali delle loro società - sappiate che i vostri popoli vi giudicheranno su quello che sapete costruire, non su quello che distruggete. A quelli che arrivano al potere attraverso la corruzione e la disonestà e mettendo a tacere il dissenso, sappiate che siete dalla parte sbagliata della Storia; ma che vi tenderemo la mano se sarete pronti ad aprire il vostro pugno.

Alla gente delle nazioni povere, noi promettiamo di lavorare insieme per far fiorire le vostre campagne e per pulire i vostri corsi d'acqua; per nutrire i corpi e le menti affamate. E a quelle nazioni, come la nostra. che godono di una relativa ricchezza, noi diciamo che non si può più sopportare l'indifferenza verso chi soffre fuori dai nostri confini; né noi possiamo continuare a consumare le risorse del mondo senza considerare gli effetti. Perché il mondo è cambiato e noi dobbiamo cambiare con esso.

Se consideriamo la strada che si apre davanti a noi, noi dobbiamo ricordare con umile gratitudine quegli americani coraggiosi che, proprio in queste ore, controllano lontani deserti e montagne. Essi hanno qualcosa da dirci oggi, proprio come gli eroi caduti che giacciono ad Arlington mormorano attraverso il tempo. Noi li onoriamo non solo perché sono i guardiani della nostra libertà, ma perché essi incarnano lo spirito di servizio: una volontà di trovare significato in qualcosa più grande di loro. In questo momento - un momento che definirà una generazione - è precisamente questo lo spirito che deve abitare in tutti noi.

Per tanto che un governo possa e debba fare, alla fine è sulla fede e la determinazione del popolo americano che questa nazione si fonda. E' la gentilezza nell'accogliere uno straniero quando gli argini si rompono, la generosità dei lavoratori che preferiscono tagliare il proprio orario di lavoro piuttosto che vedere un amico perdere il posto, che ci hanno guidato nei nostri momenti più oscuri. E' il coraggio dei vigili del fuoco nel precipitarsi in una scala invasa dal fumo, ma anche la volontà di un genitore di nutrire il proprio figlio, che alla fine decidono del nostro destino.

Forse le nostre sfide sono nuove. Gli strumenti con cui le affrontiamo forse sono nuovi. Ma i valori da cui dipende il nostro successo - lavoro duro e onestà, coraggio e fair play, tolleranza e curiosità, lealtà e patriottismo - tutto questo è vecchio. Sono cose vere. Sono state la forza tranquilla del progresso nel corso di tutta la nostra storia. Quel che è necessario ora è un ritorno a queste verità. Quel che ci viene chiesto è una nuova era di responsabilità - il riconoscimento, da parte di ogni americano, che abbiamo un dovere verso noi stessi, la nostra nazione, il mondo, doveri che non dobbiamo accettare mugugnando ma abbracciare con gioia, fermi nella consapevolezza che non c'è nulla di più soddisfacente per lo spirito, così importante per la definizione del carattere, che darsi completamente per una causa difficile.

 

Questo è il prezzo e la promessa della cittadinanza.

Questa è la fonte della nostra fiducia - la consapevolezza che Dio ci ha chiamato a forgiare un destino incerto.

Questo è il significato della nostra libertà e del nostro credo - perché uomini, donne e bambini di ogni razza e di ogni fede possono unirsi nella festa in questo Mall magnifico, e perché un uomo il cui padre meno di sessanta anni fa non avrebbe neanche potuto essere servito in un ristorante ora può trovarsi di fronte a voi per pronunciare il giuramento più sacro di tutti.

Perciò diamo a questa giornata il segno della memoria, di chi siamo e di quanta strada abbiamo fatto. Nell'anno in cui l'America è nata, nel più freddo dei mesi, una piccola banda di patrioti rannicchiati intorno a falò morenti sulle rive di un fiume ghiacciato. La capitale era stata abbandonata. Il nemico avanzava. La neve era macchiata di sangue. Nel momento in cui l'esito della nostra rivoluzione era in dubbio come non mai, il padre della nostra nazione ordinò che si leggessero queste parole al popolo:

"Che si dica al futuro del mondo... che nel profondo dell'inverno, quando possono sopravvivere solo la speranza e la virtù... Che la città e la campagna, allarmate da un pericolo comune, si sono unite per affrontarlo".

America. Di fronte ai nostri pericoli comuni, in questo inverno dei nostri stenti, ricordiamo queste parole senza tempo. Con speranza e virtù, affrontiamo con coraggio le correnti ghiacciate, e sopportiamo quel che le tempeste ci porteranno. Facciamo sì che i figli dei nostri figli dicano che quando siamo stati messi alla prova non abbiamo permesso che questo viaggio finisse, che non abbiamo voltato le spalle e non siamo caduti. E con gli occhi fissi sull'orizzonte e la grazia di Dio su di noi, abbiamo portato avanti il grande dono della libertà e l'abbiamo consegnato intatto alle generazioni future.

(20 gennaio 2009)

Dal Sito Internet del SOLE 24 ORE

 

 

 

Il primo discorso del 44° presidente

traduzione di Fabio Galimberti

 

 

 

 

Miei cari concittadini, sono qui oggi, sopraffatto dal compito che ci attende, grato per la fiducia che mi avete accordato, memore dei sacrifici sopportati dai nostri antenati. Ringrazio il presidente Bush per i servizi resi alla nazione e per la generosità e la collaborazione che ha dimostrato nel corso di questa transizione.

 

 

Quarantaquattro americani hanno prestato il giuramento presidenziale. Il giuramento è stato pronunciate in periodi di prosperità crescente, nella placidità della pace, ma in certi casi queste parole sono risuonate nell'infuriare della tempesta, con nuvole minacciose all'orizzonte. In quei momenti, l'America è riuscita ad andare avanti non soltanto grazie all'abilità o alla lungimiranza di chi ricopriva i massimi incarichi, ma grazie al fatto che Noi, il popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati, fedeli ai nostri documenti fondanti.

Così è stato. Così dovrà essere per questa generazione di americani.

Che siamo nel mezzo di una tempesta è qualcosa di cui siamo ben consapevoli. La nostra nazione è in guerra contro una rete molto vasta di violenza e di odio. La nostra economia è fortemente indebolita a causa dell'avidità e dell'irresponsabilità di alcune persone, ma anche a causa della nostra incapacità collettiva di prendere decisioni difficili e preparare la nazione per una nuova era. Alcuni hanno perso la casa, alcuni hanno perso il lavoro, alcune imprese sono fallite. Il nostro sistema sanitario è troppo costoso; le nostre scuole lasciano indietro troppi studenti e ogni giorno ci porta nuove prove del fatto che il nostro modo di usare l'energia rafforza i nostri avversari e mette a rischio il pianeta.

Questi sono gli indicatori della crisi, misurabili con dati e statistiche. Meno misurabile, ma non meno profondo, è il prosciugarsi della fiducia in tutto il paese, un fastidioso timore che il declino dell'America sia inevitabile e che la prossima generazione dovrà ridurre il livello delle sue ambizioni.

Oggi io vi dico che le sfide che dobbiamo affrontare sono reali. Sono gravi e sono molte. Non potranno essere affrontate facilmente in poco tempo, ma l'America che deve sapere che le affronteremo.

In questo giorno ci siamo riuniti qui perché abbiamo scelto la speranza contro la paura, l'unità d'intenti contro il conflitto e la discordia.

In questo giorno proclamiamo la fine delle meschine rimostranze e delle false promesse, delle recriminazioni e dei dogmi consunti, che per troppo tempo hanno strangolato la nostra politica.

Noi restiamo una nazione giovane, ma, nelle parole delle Scritture, è venuto il tempo di mettere da parte le cose infantili. È giunto il tempo di riaffermare il nostro spirito di sopportazione, di scegliere la nostra storia migliore, di portare avanti quel dono prezioso, quell'idea nobile, trasmessa di generazione in generazione, la promessa donataci da Dio che tutti siamo uguali, tutti siamo liberi e tutti meritiamo un'occasione per perseguire appieno la felicità.

E riaffermando la grandezza della nazione siamo consapevoli che questa grandezza non è mai qualcosa di scontato. Ce la dobbiamo guadagnare. Il nostro viaggio non è mai stato un viaggio di scorciatoie, un viaggio in cui ci si accontenta. Non è una strada per chi non ha coraggio, per chi preferisce l'ozio al lavoro o cerca soltanto i piaceri della ricchezza e della fama.

Sono stati coloro che si sono presi dei rischi, coloro che hanno fatto, che hanno fabbricato cose: alcune di queste persone sono state celebrate ma più spesso si è trattato di uomini e donne sconosciuti, che con la loro fatica ci hanno portato avanti lungo questa strada lunga e frastagliata verso la prosperità e la libertà.

Per noi hanno impacchettato i loro averi e hanno solcato gli oceani alla ricerca di una nuova vita.

 

Per noi hanno lavorato in condizioni durissime e hanno colonizzato l'Ovest; hanno sopportato lo sferzo della frusta e hanno arato la terra dura.

Per noi hanno combattuto e sono morti, in posti come Concord e Gettysburg, la Normandia e Khe Sahn.

Questi uomini e queste donne hanno lottato e si sono sacrificati, e hanno lavorato fino a consumarsi le mani perché noi potessimo vivere una vita migliore. Vedevano l'America come qualcosa di più grande della somma delle loro ambizioni individuali, di più grande delle differenze di nascita, di ricchezza o di parte politica.

Questo è il viaggio che noi proseguiamo oggi. Siamo ancora la nazione più prospera e potente della Terra. I nostri operai non sono meno produttivi di quando è cominciata la crisi. Le nostre menti non sono meno inventive, le nostre merci e i nostri servizi non sono meno necessari oggi di quanto non fossero la settimana scorsa, il mese o l'anno scorso. Le nostre capacità sono intatte. Ma l'epoca in cui si rimane cocciutamente fermi sulle proprie posizioni, l'era della difesa di interessi ristretti, l'era del rinvio delle decisioni sgradevoli, quest'era sicuramente è passata. A partire da oggi ci dobbiamo rialzare, ci dobbiamo scuotere e dobbiamo ricominciare a ricostruire l'America.

Dovunque guardiamo, c'è lavoro da fare. La situazione economica impone di agire, con audacia e abilità, e noi agiremo, non solo per creare nuovi posti di lavoro ma per gettare nuove basi per la crescita.

Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche e le reti digitali che alimentano i nostri commerci e ci legano tra di noi. Restituiremo alla scienza il posto che le compete, e sfrutteremo le meraviglie della tecnologia per innalzare la qualità delle cure sanitarie e abbassarne i costi.

Imbriglieremo il sole, i venti e il suolo per far muovere le nostre automobili e far lavorare le nostre officine.

E cambieremo le nostre scuole, i nostri college e le nostre università per rispondere alle esigenze di una nuova era. Tutto questo lo possiamo fare. E tutto questo lo faremo.

C'è chi mette in dubbio la portata delle nostre ambizioni, chi sostiene che il nostro sistema non può tollerare troppi piani ambiziosi, ma hanno la memoria troppo corta, perché hanno dimenticato quello che il nostro paese ha già fatto in passato, quello che uomini e donne liberi sono capaci di fare quando l'immaginazione si accompagna a un obbiettivo comune, e la necessità al coraggio.

Quello che i cinici non capiscono è che ormai manca loro la terra sotto i piedi, che le trite argomentazioni politiche che per tanto tempo ci hanno consumato non sono più applicabili. La domanda che vi poniamo oggi non è se da noi ci sia troppo Stato o troppo poco Stato, ma se questo Stato funziona, se aiuta le famiglie a trovare un lavoro con un salario decente, ad avere cure che si possono permettere, una pensione dignitosa. Se la risposta è sì, noi vogliamo andare avanti, se la risposta è no, chiuderemo quei programmi. E quelli di noi che gestiscono il denaro pubblico saranno chiamati a rendere conto, a spendere con saggezza, a cambiare le cattive abitudini e a fare i nostri affari alla luce del giorno, perché solo così potremo ripristinare la vitale fiducia nel governo da parte della gente.

E la domanda non è neanche se il mercato sia una forza positiva o negativa. Il suo potere di generare ricchezza ed espandere la libertà non ha paragoni, ma questa crisi ci ha ricordato che senza un occhio attento il mercato può sfuggire al controllo e che una nazione non può prosperare a lungo se favorisce solo chi già e ricco. Il successo della nostra economia è sempre dipeso non soltanto dalle dimensioni del nostro prodotto interno lordo, ma dall'estensione della nostra prosperità, dalla nostra capacità di estendere le opportunità a ogni persona volenterosa, non per carità ma perché è la strada più sicura per il bene comune.

 

Per quel che riguarda la difesa, noi rigettiamo come falsa la scelta tra la nostra sicurezza e i nostri ideali: i nostri padri fondatori, posti di fronte a pericoli che noi riusciamo appena a immaginarci, hanno redatto una carta per garantire lo Stato di diritto e i diritti degli uomini, una carta che è stata allargata con il sangue di generazioni. Quegli ideali sono ancora una luce per il mondo e noi non vi rinunceremo per ragioni di opportunismo. E dunque, a tutti gli altri popoli e governi che oggi ci stanno guardando, dalle capitali più maestose al piccolo villaggio dove nacque mio padre, diciamo: sappiate che l'America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che cerca un futuro di pace e dignità, e che siamo pronti nuovamente ad assumere la leadership.

Ricordate che la vecchia generazione abbatté il fascismo e il comunismo non soltanto con i missili e con i carri armati, ma con solide alleanze e salde convinzioni. Loro capirono che la nostra potenza da sola non basta a proteggerci, né ci dà il diritto di fare come crediamo. Sapevano al contrario che la nostra potenza cresce se ne facciamo un uso prudente, che la nostra sicurezza nasce dalla giustezza della nostra causa, dalla forza del nostro esempio, dalle qualità temperanti dell'umiltà e del ritegno.

Noi siamo i custodi di quell'eredità. Guidati ancora una volta da questi principi, saremo in grado di rispondere a quelle nuove minacce che richiedono sforzi ancora più grandi, una cooperazione ancora più grande e la comprensione tra le nazioni. Cominceremo col lasciare responsabilmente l'Iraq alla sua gente, e col forgiare in Afghanistan una pace guadagnata a duro prezzo. Con vecchi amici ed ex nemici, lavoreremo instancabilmente per mitigare la minaccia nucleare e per allontanare lo spettro del riscaldamento del pianeta. Non chiederemo scusa per il nostro modo di vivere, e non esiteremo a difenderlo, e a coloro che cercano di portare avanti i propri scopi creando terrore e massacrando gli innocenti noi diciamo loro che il nostro spirito è più forte e non può essere spezzato: resisteremo più a lungo di voi e vi sconfiggeremo.

Perché noi sappiamo che il nostro patrimonio così mescolato è una forza, non una debolezza. Siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei e induisti, e anche di non credenti. Siamo stati plasmati da ogni lingua e cultura, venuta qui da ogni angolo della Terra; e avendo assaggiato l'amaro calice della guerra civile e della segregazione, ed essendo emersi da quel buio capitolo più forti e più uniti, non possiamo fare a meno di credere che gli odi antichi prima o poi passeranno, che i confini tribali si dissolveranno rapidamente, che man mano che il mondo diventa più piccolo, la nostra umanità comune si rivelerà e che l'America dovrà giocare il suo ruolo per farci entrare in una nuova era di pace.

Al mondo islamico dico che noi cerchiamo una strada nuova per progredire insieme, nel reciproco interesse e nel reciproco rispetto. A quei leader di tutto il mondo che cercano di seminare conflitti o di dare la colpa dei mali della loro società all'Occidente, diciamo: sappiate che la vostra gente vi giudicherà da quello che costruite, non da quello che distruggete. A coloro che rimangono aggrappati al potere sfruttando la corruzione e l'inganno e mettendo a tacere il dissenso, diciamo: sappiate che siete dalla parte sbagliata della storia, ma che noi vi tenderemo la mano se sarete disposti ad allentare il pugno.

Ai popoli delle nazioni povere, diciamo: noi ci impegniamo a lavorare al vostro fianco perché i vostri campi fioriscano, perché possa scorrere acqua pulita, per sfamare corpi sfiniti e nutrire menti affamate. E a quelle nazioni come la nostra che godono di una relativa abbondanza, diciamo che non possiamo più permetterci di essere indifferenti verso le sofferenze al di fuori dei nostri confini. Che non possiamo consumare le risorse del mondo senza pensare agli effetti. Perché il mondo è cambiato e noi siamo cambiati con esso.

Mentre valutiamo la strada che abbiamo di fronte a noi, ricordiamo con umiltà e gratitudine quei valorosi americani che in questo stesso momento pattugliano deserti lontani e montagne remote. Hanno qualcosa da dirci oggi, proprio come gli eroi caduti che riposano ad Arlington ci sussurrano attraverso i secoli. Noi li onoriamo non soltanto perché sono i guardiani della nostra libertà, ma perché incarnano lo spirito del servizio: una disponibilità a trovare un senso in qualcosa di più grande di loro. Eppure in questo momento – un momento che darà il senso a una generazione – è proprio questo spirito che deve animarci.

Perché per quanto il governo possa e debba fare, alla fine è la fede e la determinazione del popolo americano quello su cui la nazione fa affidamento. È la gentilezza di accogliere un estraneo quando le dighe crollano, l'altruismo di operai che preferiscono ridurre il loro orario di lavoro piuttosto di vedere un amico perdere il posto, che ci vengono in soccorso nelle ore più difficili. È il coraggio di un pompiere quando risale di corsa una rampa di scale invasa dal fumo, ma anche la volontà del genitore di dare da mangiare al figlio, che alla fine decidono del nostro destino.

Le sfide che dobbiamo affrontare forse sono sfide nuove. Gli strumenti con cui le affrontiamo forse sono nuovi. Ma quei valori da cui dipende il nostro successo, il duro lavoro e l'onestà, il coraggio e la gentilezza, la tolleranza e la curiosità, la lealtà e il patriottismo, queste cose sono antiche. Queste cose sono vere. Sono state la forze tranquilla del progresso per tutta la nostra storia. Quello che serve dunque è tornare a queste verità. Quello che ora ci viene chiesto è una nuova era di responsabilità, un riconoscimento, da parte di ogni americano, che noi abbiamo dei doveri nei confronti di noi stessi, della nostra nazione e del mondo, dei doveri che non accettiamo controvoglia, ma che accogliamo con felicità. Saldi nella consapevolezza che non esiste niente di altrettanto soddisfacente per lo spirito, niente di altrettanto temprante per il carattere, del dedicarsi con tutta l'anima a un compito difficile.

Questo è il prezzo e la promessa dell'essere cittadini.

Questa è la ragione della nostra sicurezza: la consapevolezza che Dio ci invita a forgiare un destino incerto.

In questo sta il significato della nostra libertà e della nostra fede perché uomini, donne e bambini di ogni razza e religione possono celebrare insieme in questo magnifico viale e perché un uomo il cui padre meno di sessanta anni fa non avrebbe potuto essere servito in un ristorante di questa città ora può stare qui di fronte a voi per pronunciare il più solenne dei giuramenti.

Quindi lasciate che questo giorno sia improntato sul ricordo di chi siamo e di quanta strada abbiamo fatto. Nell'anno di nascita degli Stati Uniti, nel più freddo dei mesi, un piccolo manipolo di patrioti si stringeva insieme attorno a fuochi morenti dei bivacchi sulle rive di un fiume gelato. La capitale era stata abbandonata. Il nemico stava avanzando. La neve era macchiata di sangue. Ad un certo punto, quando l'esito della nostra rivoluzione era estremamente incerto, il padre della nostra nazione ordinò di leggere alla gente queste parole:

"Fate in modo che i posteri sappiano […] che nel cuore dell'inverno, quando nulla al di fuori della speranza e della virtù poteva sopravvivere […] che la città e il paese, di fronte all'allarme di un nemico comune, si fecero avanti per fronteggiarlo".

America. Di fronte ai nostri comuni nemici, in questo inverno di stenti, ricordiamo queste parole senza tempo. Con speranza e virtù, sfidiamo ancora una volta le correnti gelide e sopportiamo qualunque tempesta possa abbattersi su di noi. Che i figli dei nostri figli dicano che quando fummo messi alla prova rifiutammo di lasciare che questo viaggio si interrompesse, che non tornammo sui nostri né vacillammo, ma con gli occhi rivolti verso la meta e con il favore di Dio portammo avanti quel grande dono che è la libertà per consegnarlo intatto alle generazioni future.

 

 

 

 

 

 

       

 

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